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Non e' colpa solo del pityrosporum...

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Messaggio Da ospite84 Mer 4 Feb 2009 - 0:27

Non e' colpa solo del pityrosporum




Aver puntato il dito contro il P. Ovale ha ritardato la
comprensione dei diversi fattori che influiscono sulla dermatite seborroica





di Michael Gould




L'aver identificato nel Pityrosporum ovale (PO) un primario
ruolo etiopatogenetico nella Dermatite Seborroica ha, per anni, allontanato la
comprensione dei fenomeni biochimici che sottendono a questa diffusissima
patologia cutanea. Che secondo alcuni dati ha un'incidenza compresa fra il 2 e
il 4% della popolazione generale, con picchi del 25,5% in pazienti psichiatrici,
del 36,5% nei depressi, del 22,6% dei militari, del 60% dei soggetti allettati
affetti da Parkinson, e fino all'83% dei malati di AIDS (Puddu-Ribuffo:
Dermatologia, Mattioli 1999). Come e' facile comprendere, e' una vera epidemia
che, a lungo, e' stata considerata alla stregua di tante altre dermatiti
provocate dall'attivita' di ospiti indesiderati come questo lievito che, sul
piano ultrastrutturale e immunologico, somiglia al Pityrosporum orbicolare e
alla Malassezia furfur, tanto da essere considerato solo uno dei diversi stadi
del ciclo cellulare di un unico ceppo. Senza nulla togliere al ruolo etiologico
attribuito al P. ovale, nel corso dell'ultimo decennio si sono pero'
sviluppati altri filoni di ricerca che hanno approfondito lo studio dei fattori
biochimici, nutrizionali, metabolici, ambientali e neuropsichici che influiscono
sull'insorgere e sullo sviluppo di questa patologia che, nel lontano 1886 Unna
descrisse come ''eczema seborroico''. Un termine che successivamente venne
affiancato dalla parola pitirosporosi, in ossequio all'essenziale e ricordato
ruolo che si attribuisce proprio alla flora pitirosporosica. Attualmente, il
modo in cui la patologia e' indicata in ogni parte del mondo e' dermatite
seborroica. Questa dizione svincola definitivamente la malattia da criteri
etiopatogenetici ancora non del tutto chiariti, mentre sul piano nosologico
mette in evidenza le sue due caratteristiche cliniche piu' importanti: la natura
infiammatoria che l'ha fatta chiamare dermatite, e la localizzazione nelle
zone ad alta densita' di ghiandole sebacee, da cui l'aggettivo seborroica.
Sappiamo quasi tutto del P. Ovale, parte integrante della normale flora cutanea,
costretto a vivere in presenza di lipidi, in particolare acidi grassi saturi e
insaturi, all'interno dello strato corneo, nella parte superiore del follicolo
sebaceo, a una temperatura fra i 35 e i 37° e un pH compreso fra 5,5 e 6,5. Per
decenni questo lievito lipofilo ha costituito l'incubo delle sue vittime
(soprattutto adulti e quasi mai bambini fino ai 5 anni), ma anche di tanti
specialisti in dermatologia che lo hanno visto come un nemico da eliminare con
una qualsivoglia terapia antifungina e con ogni altra molecola ad attivita'
specifica nei suoi confronti. Atteggiamento clinico corretto, non c'e' che
dire, ma forse riduzionistico rispetto alla complessita' della patologia stessa.
Ci sono infatti voluti anni per mettere in luce le possibili turbe biochimiche
che favoriscono l'insorgere della dermatite (deficit plasmatico di vit.E,
acidi polinsaturi di fosfolipidi, e attivita' glutatione-ossidasi-eritrocitaria),
i fattori ambientali che condizionano la biochimica della superficie cutanea
(aumento della TEWL, della CO2, secchezza cutanea, ecc.), abuso di alcool e
fattori di ordine neuropsichico (ansia, depressione, labilita' emotiva, ecc.).







Non e' colpa solo del pityrosporum... Pityrosporum
Un linfocita killer emette enzimi tossici contro il suo
bersaglio
Ma in particolare non si e' indagato a sufficienza sulla componente
infiammatoria testimoniata da un particolare reperto istomorfologico noto come
spongiosi, esocitosi di linfociti nell'epidermide, infiltrato perivascolare
costituito da linfociti e macrofagi. e' innegabile infatti che i neutrofili
siano i principali attori dello stato infiammatorio, tanto da essere
tradizionalmente indicati come "la bomba astuta" dell'
infiammazione. Come e' noto, le loro funzioni principali sono la fagocitosi e
l'uccisione dei batteri e la loro azione battericida deriva dalla capacita' di
liberare livelli elevati delle specie reattive dell'ossigeno, compreso
l'ipoclorito e i superossidi.








Da tener presente pero' che queste molecole
presentano una tossicita' non specifica, cosi' oltre che i batteri, che possono
o non possono essere presenti, esse sono in grado di distruggere le cellule
danneggiate o sane circonstanti. Ma torniamo ai neutrofili, la prima linea dei
fagociti in tessuti danneggiati: essi compaiono dopo alcune ore dall'inizio
del processo infiammatorio e provocano l'aumento in loco delle due potenti
famiglie di enzimi coinvolti nel riassorbimento dei tessuti danneggiati: MMPe
proteinasi della serina. Quest'ultime includono la catepsina G, la proteinasi
3 e l'attivatore plasminogeno. Le MMPs liberate dai neutrofili attivati
comprendono MMP8 (collagenosi del neutrofilo) e MMP9 (gelatinasi B). Questi due
enzimi possono degradare insieme la maggior parte dei componenti della matrice
extracellulare: elastina, fibrina, fibronectina, laminina, vitronectina,
collagene e proteoglicani. Importante aspetto della etiopatogesi della dermatite
seborroica, e' il rapporto fra infiammazione e immunita'. I leucociti,
specialmente i macrofagi ed i leucociti polimorfonucleari (PMNs), sono una fonte
importante per la produzione di MMP e le osservazioni suggeriscono che le MMPs
possono essere agenti attivi e indicatori non soltanto passivi, di danni del
tessuto, anche iniziali. Per questo, gli inibitori delle MMP possono essere
favorevoli nelle prime fasi, quando l'attivita' di MMP e' principalmente
distruttiva. Resta un quesito: che relazione c'e' fra infiammazione e danno
cutaneo? Mentre la parte basale della nuova membrana e' sintetizzata,
l'espressione Mmp-1 e' soppressa e le interazioni epiteliali con la parte basale
della nuova membrana sono stabilizzate. Cio' si realizza attraverso gli
emodesmosomi che formano all'interno dei cheratinociti, degli ancoraggi col
derma sottostante: e' chiaro, quindi, che la ferita viene e' riparata tramite un
aumento temporaneo e controllato dell'attivita' di MMP, e si ha il blocco
attraverso segnali di arresto una volta che MMP hanno completato le loro
mansioni. Le lesioni cutanee croniche dimostrano livelli aumentati di MMPs, che
possono essere parzialmente dovuti alla mancanza di segnali d'arresto adatti,
forniti normalmente dalla presenza della matrice di riparazione. Un livello
elevato di MMPe' cosi' un indicatore primario che la ferita non sta guarendo e
l'attivita' eccedente della proteinasi puo' causare ulteriore danno al tessuto.
Cio' spiega la patogenesi della cronicizzazione dell'infiammazione cutanea. I
risultati di molti studi hanno infatti identificato difetti nel processo
riparativo che possono essere spiegati dagli squilibri relativi alle proteasi,
citochine e ai fattori chiave di crescita. Contrariamente alla normale
riparazione che osserviamo nella pelle normale, per esempio, nella dermatite
atopica essa sembra prolungata, probabilmente intensificata dalle proteasi, in
particolare MMPs e dall'elastasi del neutrofilo. I granulociti inoltre secernono
citochine, specialmente il fattore di necrosi tumorale (TNF a) e interleuchine
proinfiammatorie capaci di stimolare direttamente la sintesi di MMPs. E queste
favoriscono una condizione infiammatoria persistente. Quindi in dermatiti
croniche, come quella seborroica, si puo' immaginare che il livello elevato
delle proteasi nel luogo della ferita conduce a un processo riparativo della
ferita interrotto e non coordinato, che secondo Mast e Schultz, a sua volta,
determina una infiammazione prolungata, che conseguentemente rinforza i gia'
detti livelli elevati di proteasi che, inevitabilmente, degradano le molecole
che sono essenziali per la riparazione. Istaurando un circolo vizioso da cui e'
difficile uscire. Per concludere, tutto cio' che abbiamo voluto segnalare non
scagiona affatto il Pityrosporum ovale, che resta sempre l'agente scatenante
piu' incriminato, ma per lo meno, nel manifestarsi della dermatite seborroica,
ne ridimensiona il ruolo di protagonista assoluto.


Articolo riportato sul sito www.lapelle.it
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