Psoriasi, cambia la terapia, cambia la malattia.
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Psoriasi, cambia la terapia, cambia la malattia.
I farmaci biotecnologici hanno normalizzato la vita dei pazienti e delle loro famiglie. Ma sono ancora per pochi.
MARIA RITA MONTEBELLI: La psoriasi non è solo una malattia della pelle, ma un problema che può coinvolgere tutto l’organismo, soprattutto nelle sue forme più severe e ad esordio precoce. A rivelarlo sono recenti studi epidemiologici che hanno dimostrato come l’esordio della malattia prima dei 25 anni d’età possa comportare una riduzione dell’aspettativa di vita di anche vent’anni e triplicare il rischio di rimanere vittime di un infarto.
Rispetto a dieci anni fa, il trattamento delle forme moderato-severe di questa malattia ha subito una vera e propria rivoluzione con l’introduzione in terapia dei cosiddetti farmaci biologici.
Alla base della psoriasi c’è un alterato funzionamento di alcune cellule implicate nelle difese immunitarie, i linfociti T. Questo espone l’organismo a una sorta di infiammazione cronica che, oltre a dare le manifestazioni cutanee tipiche di questa malattia, aumenta il rischio di malattie cardio-vascolari. Nelle forme più gravi, è dunque necessario «spegnere» questa infiammazione. Per farlo, fino a pochi anni fa si doveva ricorrere a farmaci quali ciclosporina e metotrexate, a loro volta gravati da importanti effetti indesiderati, non ultimi proprio quelli sull’apparato cardiocircolatorio, che non permettono di utilizzarli per lunghi periodi di tempo; con il conseguente riaffacciarsi della malattia nei periodi in cui il paziente resta senza trattamento. Poi sono arrivati i «biologici », gli anti-TNF alfa – veri e propri immunosoppressori – e gli anti-linfociti T, come l’efalizumab, che si comportano invece da modulatori del sistema immunitario. Uno studio di Craig Leonardi, di recente presentato al congresso europeo di dermatologia e venereologia (EADV) di Istanbul e pubblicato in contemporanea su British Journal of Dermatology, ha dimostrato come l’efalizumab sia sicuro ed efficace anche quando utilizzato continuativamente per lunghi periodi di tempo. Con il vantaggio di poter essere comodamente somministrato a casa, attraverso un’iniezione sottocutanea da fare una volta alla settimana, senza dunque costringere il paziente a pellegrinaggi continui da un centro di dermatologia all’altro.
«L’arrivo di questi farmaci – commenta il professor Torello Lotti, ordinario di Dermatologia dell’Università di Firenze – ha cambiato la vita ai pazienti e alle loro famiglie. Non sono purtroppo farmaci efficaci su tutti i soggetti, ma per il 30-40% che risponde, entro due mesi dall’inizio della terapia, i risultati sono decisamente buoni. In qualche caso abbiamo assistito addirittura alla scomparsa della malattia. Un risultato impensabile con i farmaci a disposizione fino a qualche tempo fa».
«I pazienti adesso non si vergognano più di questo disturbo, che, proprio per il fatto di essere così visibile, genera grave imbarazzo e depressione. Vengono da noi in numero maggiore – afferma il professor Gianpiero Girolomoni, ordinario di Dermatologia, Università di Verona –, stanno uscendo, per così dire, allo scoperto perché sanno che oggi ci sono ottime possibilità di trattamento. Ed è un bene, perché la psoriasi non è una malattia dei soggetti sani come ritenuto fino a poco tempo fa, ma una patologia che può avere conseguenze gravi e sottrarre anche vent’anni di vita a chi ne è affetto. È giusto dunque trattarla nel modo più completo e adeguato possibile, naturalmente con farmaci sicuri, perché trattandosi di una malattia cronica, necessita di periodi prolungati di trattamento. Da questo punto di vista l’esperienza ormai decennale sull’impiego dell’efalizumab e i risultati di questo studio presentato a Istanbul, che dimostrano come anche dopo tre anni di trattamento il farmaco continui a mostrare tutta la sua efficacia, sono molto confortanti».
Durante lo studio, gli effetti collaterali del farmaco sono apparsi modesti e limitati a un aumento dei casi di tosse, rinite e sinusiti, mentre non è stato rilevato alcun aumento del peso corporeo, un effetto indesiderato di comune riscontro nei pazienti trattati con anti-TNF alfa. Si stima che i pazienti affetti dalle forme più gravi di psoriasi nel nostro Paese siano circa 50-80 mila: di questi, meno di 10 mila sono attualmente trattati con un farmaco biologico.
Fonte: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/salute/200806articoli/34055girata.asp
MARIA RITA MONTEBELLI: La psoriasi non è solo una malattia della pelle, ma un problema che può coinvolgere tutto l’organismo, soprattutto nelle sue forme più severe e ad esordio precoce. A rivelarlo sono recenti studi epidemiologici che hanno dimostrato come l’esordio della malattia prima dei 25 anni d’età possa comportare una riduzione dell’aspettativa di vita di anche vent’anni e triplicare il rischio di rimanere vittime di un infarto.
Rispetto a dieci anni fa, il trattamento delle forme moderato-severe di questa malattia ha subito una vera e propria rivoluzione con l’introduzione in terapia dei cosiddetti farmaci biologici.
Alla base della psoriasi c’è un alterato funzionamento di alcune cellule implicate nelle difese immunitarie, i linfociti T. Questo espone l’organismo a una sorta di infiammazione cronica che, oltre a dare le manifestazioni cutanee tipiche di questa malattia, aumenta il rischio di malattie cardio-vascolari. Nelle forme più gravi, è dunque necessario «spegnere» questa infiammazione. Per farlo, fino a pochi anni fa si doveva ricorrere a farmaci quali ciclosporina e metotrexate, a loro volta gravati da importanti effetti indesiderati, non ultimi proprio quelli sull’apparato cardiocircolatorio, che non permettono di utilizzarli per lunghi periodi di tempo; con il conseguente riaffacciarsi della malattia nei periodi in cui il paziente resta senza trattamento. Poi sono arrivati i «biologici », gli anti-TNF alfa – veri e propri immunosoppressori – e gli anti-linfociti T, come l’efalizumab, che si comportano invece da modulatori del sistema immunitario. Uno studio di Craig Leonardi, di recente presentato al congresso europeo di dermatologia e venereologia (EADV) di Istanbul e pubblicato in contemporanea su British Journal of Dermatology, ha dimostrato come l’efalizumab sia sicuro ed efficace anche quando utilizzato continuativamente per lunghi periodi di tempo. Con il vantaggio di poter essere comodamente somministrato a casa, attraverso un’iniezione sottocutanea da fare una volta alla settimana, senza dunque costringere il paziente a pellegrinaggi continui da un centro di dermatologia all’altro.
«L’arrivo di questi farmaci – commenta il professor Torello Lotti, ordinario di Dermatologia dell’Università di Firenze – ha cambiato la vita ai pazienti e alle loro famiglie. Non sono purtroppo farmaci efficaci su tutti i soggetti, ma per il 30-40% che risponde, entro due mesi dall’inizio della terapia, i risultati sono decisamente buoni. In qualche caso abbiamo assistito addirittura alla scomparsa della malattia. Un risultato impensabile con i farmaci a disposizione fino a qualche tempo fa».
«I pazienti adesso non si vergognano più di questo disturbo, che, proprio per il fatto di essere così visibile, genera grave imbarazzo e depressione. Vengono da noi in numero maggiore – afferma il professor Gianpiero Girolomoni, ordinario di Dermatologia, Università di Verona –, stanno uscendo, per così dire, allo scoperto perché sanno che oggi ci sono ottime possibilità di trattamento. Ed è un bene, perché la psoriasi non è una malattia dei soggetti sani come ritenuto fino a poco tempo fa, ma una patologia che può avere conseguenze gravi e sottrarre anche vent’anni di vita a chi ne è affetto. È giusto dunque trattarla nel modo più completo e adeguato possibile, naturalmente con farmaci sicuri, perché trattandosi di una malattia cronica, necessita di periodi prolungati di trattamento. Da questo punto di vista l’esperienza ormai decennale sull’impiego dell’efalizumab e i risultati di questo studio presentato a Istanbul, che dimostrano come anche dopo tre anni di trattamento il farmaco continui a mostrare tutta la sua efficacia, sono molto confortanti».
Durante lo studio, gli effetti collaterali del farmaco sono apparsi modesti e limitati a un aumento dei casi di tosse, rinite e sinusiti, mentre non è stato rilevato alcun aumento del peso corporeo, un effetto indesiderato di comune riscontro nei pazienti trattati con anti-TNF alfa. Si stima che i pazienti affetti dalle forme più gravi di psoriasi nel nostro Paese siano circa 50-80 mila: di questi, meno di 10 mila sono attualmente trattati con un farmaco biologico.
Fonte: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/salute/200806articoli/34055girata.asp
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